domenica 20 settembre 2015
venerdì 11 settembre 2015
giovedì 10 settembre 2015
Francesca Veneri
Fabrizia Vallo
Nobili
assenze
progetto
fotografico e sua realizzazione
Fabrizia Vallo
Nobili Assenze. Fabrizia Vallo |
Premessa
Questa
storia nasce dentro di me costruita in un' infanzia un po' selvatica
per boschi, strade e il fiume che mi è scorso accanto e dentro.
Si
snoda nei racconti di mia madre che le storie le sapeva raccontare.
Così il suo passato si è mischiato al mio allargando ed integrando
immagini in un tempo dai confini elastici e poi Fratel Silvano che ha
chiarito con la Storia le lacune che la mia fantasia aveva riempito.
Infine
un libro che mi è giunto da lontano e che il fato ha posto nelle mie
mani.
Ricordi
sparsi di mia madre e Fratel Silvano
Le
contessine nei giorni d'estate si aggiravano nel parco nei loro
vestitini candidi. Che gioia rubare l'immagine di una vita lontana
dalle toppe, troppe volte ricucite e dalla pelle scottata dal sole.
La loro pelle era candida, sembravano fatte di latte di Luna.
Leggere, pulite ed eleganti. Era come tuffare la testa in un libro
che narra di luoghi incantati alla fine del mondo mentre questo era
lì, alla fine della via, oltre il muro di cinta così ben congegnato
per allontanare ma che nel tempo aveva concesso numerose brecce da
cui si poteva spiare, col fiato sospeso, lo svolgersi di ore
“diverse” scandite da piccoli piaceri: le merende, i giochi ed il
tempo per goderseli.
Una
sera di tempesta il conte rientrava in villa nella sua luccicante
carrozza; l'Adige era al colmo e la corrente impazzita, fu un
secondo, una distrazione, la carrozza che sbanda.. e di lui non
rimase che un cilindro ritrovato il giorno seguente sulla riva.
Vedi
quei tre platani, quelli giganti su cui i ragazzi incidono le loro
iniziali: sono posti così a ricordar un punto, quello in cui fu
sepolto un conte.
Bene,
meglio non andarci la sera.
Arrivò
poi la grande guerra: i tedeschi che invadendo la villa le rubarono
anima e poesia ed infine la gente, piena di rabbia e di fame, che la
invase rubando ogni piccola traccia di passato, non c'era una sola
famiglia nei dintorni che non possedesse anche solo un oggetto
strappato a quel luogo tenendolo come trofeo o rivendendolo per un
po' di cibo.
Il
mio ricordo
Le
mie estati da bambina: un bosco grande e carico di misteri, mi piace
perdermi tra i vialetti che si snodano tra enormi alberi su cui è
facile arrampicarsi per cogliere prospettive nuove; è buono l'odore
del muschio e dei cespugli di bosso la sera. Quando arriva la notte
devo correre a casa ma è così bella a quel punto la danza delle
lucciole! Resto ancora un po'
Oggi
Questi
luoghi rimangono ora a rimarcare un' assenza ma, se si resta con gli
occhi aperti e la mente sgombra, capita ancora nelle sere d'estate di
vedere una contessina di “latte di Luna” aggirarsi per il parco e
giocare..
Fonti
Le
notizie ufficiali si trovano in wikipedia alla voce Villa Buri in
Verona.
Il
libro che ho “trovato”narra la
storia del conte Danese Buri che nell'anno 1816 fece trasportare via
fiume da Parigi alberi pregiati per piantarli a formare un giardino
all'inglese nella sua proprietà sita nei sobborghi di San Michele a
Verona. Il libro è stato stampato nel 1817. Si tratta di un
dizionario botanico con traduzioni dal dialetto veronese al latino e
italiano.
mercoledì 9 settembre 2015
Matteo Santoni
Luce a Palazzo. Matteo Santoni |
[forma
senza sostanza]Stampa
Lambda 50x33
Essicatoio Tabacchi. Matteo Santoni |
[sostanza senza forma]Stampa Lambda 50x33
Manifattura tabacchi in disuso a Bonavicina (VR).
Senza Titolo. Matteo Santoni |
Senza titolo
da: La colazione dei cannibali
Stampa fotografica 28 x 21
Si potrebbe affermare che questo libro sia privo di ritratto umano.
Ma non è vero.
La Valpolicella è un prodotto dell’uomo. Un luogo-suolo-terreno altamente produttivo, plasmato e sfruttato da oltre 2000 anni; che si tratti di vini, o di marmi, o di complessi residenziali, più o meno pregiati.
Ovviamente gente “ingrata” come me potrebbe speculare a lungo su concetti quali negrarizzazione*, consumo del territorio, o magari sugli 11 milioni di immobili sfitti in Europa contro i 4 milioni di europei senza casa.
Ma non è questo che mi sono scoperto a ritrarre, infine.
Col tempo hanno iniziato ad emergere queste composizioni, quadri che l’uomo ha creato, più o meno coscientemente, come una sorta di dipinto archeologico e antropologico.
*Neologismo: urbanizzazione speculativa, e al di fuori di ogni controllo, del territorio compreso nel comune di Negrar, in provincia di Verona. (Enciclopedia Treccani)
Derive. Trittico. Matteo Santoni |
Derive.Trittico. Matteo Santoni |
Derive
Trittico
di Polaroid 53x26
Tre polaroid scattate a Lazise in tre giorni
diversi alla stessa ora.
Il momento in cui la luce del sole
cancella i confini dell’acqua mi ha sempre ricordato le atmosfere
dei romanzi di James G. Ballard.
Derive.Trittico.Matteo Santoni |
Maria Teresa Padovani
The
Big Family
Non
vuole essere una mascherina per difendersi ma per arrendersi.
Arrendersi alla precarietà, all'imperfezione, al corpo.
Per
riconoscersi, consci che un grugnito collettivo può far tremare la
terra.
The big family. Maria Teresa Padovani |
Questo
lavoro è nato con l' epidemia dell'influenza suina.
In
quel periodo era pericoloso frequentare luoghi affollati.
Le
persone che solitamente ogni giorno ci passavano accanto come ombre,
improvvisamente
erano diventate minacciose,potevano trasmettere un virus mortale.
Bisognava
difendersi,ignorandole,per cui anonime maschere erano comparse sul
volto di ciascuno.
Queste
che io ho costruito le ho pensate per interrompere il flusso
dell'indifferenza,farsi animale,
grugnire
per riportarci ad un livello di individualità.
Questo
era il paradosso:"imbestialirsi"per poter tornare
singolarità umane capaci di un urlo collettivo che manifestasse
dissenso.
The big family. Maria Teresa Padovani |
Andrea Ciresola
martedì 8 settembre 2015
Metageografie . Tiziano Bellomi
Metageografie
testo di Tommaso
Decarli
Tiziano Bellomi Documento n° 220 |
Al
di là di un’osservazione puramente oggettiva e percettiva del
paesaggio e, più in generale, dello spazio, esiste una geografia che
si pone in un territorio “altro”, in cui entrano in gioco
impressioni soggettive, che concorrono in maniera incisiva, seppur
non esclusiva, alla costruzione di un diverso concetto di paesaggio
stesso, che ne modella le forme e ne condiziona l’interpretazione
ultima.
È
il caso delle “metageografie” di Tiziano Bellomi che, come
suggerisce la parola, si pongono in una sfera che va oltre la
geografia “tradizionale”, indagando i campi dell’effimero e del
tempo sospeso. L’artista non si limita a rilevare un semplice dato
fisico, ma, partendo da fredde coordinate geografiche, compie un
sopraluogo, osserva, registra, preleva campioni come farebbe un
qualsiasi uomo di scienze, al fine non di produrre una statistica, ma
una visione paesistica estetizzata. Egli non lavora direttamente con
e sul paesaggio, nel senso che, pur confrontandosi con esso,
intervenendo e modificandolo, è lungi dal voler proporre un brano di
buona “pittura”. Il suo obiettivo è quello di creare una
dimensione spaziale poetica, ricostruendo a posteriori, sulla base
dei dati raccolti, un pezzo di realtà trasfigurata. Il suo è un
procedimento di lavoro che può essere definito, non a torto,
euristico, in quanto si
affida all'intuito e allo stato temporaneo delle circostanze, al fine
di generare nuova conoscenza.
La zolla d’erba, la pietra, l’oggetto trovato, il frammento
prelevato acquisiscono un carattere metafisico, prescindono dalla
loro fisicità, in quanto sottratti dal loro normale contesto e
collocati in uno spazio asettico, fisso, che permette loro di
acquisire una valenza immaginifica; diventano relitti, scarti del
mondo vero che, nell’artificio dell’arte, si arricchiscono di
significati reconditi, misteriosi e surreali.
In
questo senso, il mezzo fotografico non viene impiegato per realizzare
un documento oggettivo. La foto non si limita a riprodurre il vero,
il luogo prefisso per l’azione artistica, essa viene manipolata,
virata, graffiata. Lo scatto può essere contemporaneo o appartenere
ad un passato che non è inteso solo come condizione temporale, ma,
anche, come stato dell’animo, fuga da una contemporaneità
asfissiante, recupero di una manualità, di una pratica atavica che
bisogna, ad ogni costo, salvaguardare e perpetrare.
Le
“registrazioni” di Bellomi si configurano come veri e propri
tentativi di persistenza di memoria, testimonianze che vanno
conservate, tramandate, affinché mai venga a perdersi quel gusto per
la ricerca e per la meraviglia che è proprio dell’arte.
Tiziano Bellomi Documento n°214 |
Tiziano Bellomi
Tiziano Bellomi |
Tiziano Bellomi |
“Documento di registrazione n°214”
Digital photography, digital print,
collage on canvas, foliage, geographical coordinates, 21 x 30 cm,
2015.
Tiziano Bellomi |
“Documento di registrazione n°216”
Digital photography, digital print,
collage on canvas, cotton sheet with embroidery, 21 x 30 cm, 2015.
Tiziano Bellomi |
“Documento di registrazione n°218”
Digital photography, digital printing, collage on canvas, terracotta, geographical coordinates, 21 x 30 cm, 2015.
Tiziano Bellomi |
“Documento di registrazione n°219”
Digital photography, digital print,
collage on canvas, relic, cloth of satin, geographical coordinates,
21 x 30 cm, 2015.
Tiziano Bellomi |
“Documento di registrazione n°220”
Digital photography, digital print, collage on canvas, electric switch, geographical coordinates, 21 x 30 cm, 2015.
venerdì 4 settembre 2015
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