martedì 30 giugno 2015
Pietro Vilas
Pietro
Vilas,
artista eclettico, si occupa di scultura, pittura e musica.
Ha
partecipato a numerose collettive in Italia :Casa di Giulietta a
Verona, Palazzo Gonzaga a Volta Mantovana, Palazzo Albertini a
Pozzolengo.
Le
sue sculture sono emozionanti . Utilizza molto spesso del legno
carbonizzato ottenendo una superficie nera, a volte incisa con dei
simboli che rimandano ai geroglifici, a volte trafitta da grossi
chiodi fatti a mano che ricordano la flagellazione di S.Sebastiano.
E'
presente un rapporto di continuità esistenziale e di immedesimazione
tra opera ed artista. L'artista identifica la sofferenza propria con
quella della materia che lavora e affida alle sue opere la
memoria..ed un viaggio verso l'immortalita'.
I
suoi volumi si sviluppano in un gioco di pieni e di vuoti,
contrapponendo il senso pesantezza e leggerezza.
I
suoi dipinti rimandano a De Chirico . Il colore dato a grandi
campiture piatte definisce sfondi e paesaggi desolati e disabitati.
Piroga
…..Così
tra questaimmensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare...............(Infinito di G. Leopardi)
La Piroga di Vilas presenta una materia nera , carbonizzata, infernale potrebbe essere il mezzo con cui Caronte trasportava le anime dei morti.
L'opera è stata realizzata negli anni novanta ed è tuttora attualissima per il continuo rimando agli sbarchi dei naufraghi in Italia.
La grande piroga che compie il viaggio contiene in se una piroga di piccole dimensioni come a significare che il viaggio non è mai finito e la meta mai raggiunta.
Rappresenta il viaggio che gli esseri umani compiono nella loro vita.
Maurizio Satta
Maurizio
Satta
Nato
a Colonia, Germania,dove ha vissuto sino alla fine degli anni
novanta.
Dopo la scuola dell'obbligo ha frequentato la scuola di Arte e Pittura a Colonia (Kunstschule Köln für Farbtechnik und Raumgestaltung).
Verso la metà degli anni novanta ha esposto quadri in mostre collettive a Colonia, Düsseldorf e dintorni . Dal duemila i varie mostre in Italia e all'estero. E' presente in molte pubblicazioni.
La Donna diventa lo spunto, il punto di partenza, l'imprinting figurale attraverso il quale racconta il proprio percorso evolutivo d'artista.
La ricerca diventa analisi dell'io inserito nel contesto sociale e culturale attuale, complesso e variopinto ma pur sempre dominato da immagini stereotipate che nascondono messaggi collettivi e chiavi di lettura differente.
Dopo la scuola dell'obbligo ha frequentato la scuola di Arte e Pittura a Colonia (Kunstschule Köln für Farbtechnik und Raumgestaltung).
Verso la metà degli anni novanta ha esposto quadri in mostre collettive a Colonia, Düsseldorf e dintorni . Dal duemila i varie mostre in Italia e all'estero. E' presente in molte pubblicazioni.
La Donna diventa lo spunto, il punto di partenza, l'imprinting figurale attraverso il quale racconta il proprio percorso evolutivo d'artista.
La ricerca diventa analisi dell'io inserito nel contesto sociale e culturale attuale, complesso e variopinto ma pur sempre dominato da immagini stereotipate che nascondono messaggi collettivi e chiavi di lettura differente.
Marika Santoni
Marika
Santoni
Diplomata
all'Accademia di Belle arti di Bologna , dove è stata allieva di
Concetto Pozzati.
Dal
1989 ha partecipato a numerose esposizioni, personali e collettive,
in Italia e all'estero.
Scenografa
per la Fondazione Arena di Verona e altri teatri minori.
Segnalazione
d’onore in scultura a “Il Centenario1992”, Premio Fortunato
Depero,Torino.
PUBBLICAZIONI
Catalogo
Internazionale d'Arte moderna,
Ed.
CIDA n° 11 e 12
“Revolutionart”n°29,
2011
Catalogo
Personale -Grafiche Aurora(2008).
“Cardi
Selvaggi”,Blue Service(1997).
“Storia
del Castello di Malamorte(oggi Belveglio),Blue Service(1994)
“l’Ex
Libris all’Accademia di Belle Arti”,Editrice Temi(1987)
Il
lavoro di Marika
Santoni si
sviluppa intorno ad alcuni argomenti che catturano l’interesse
dell’artista.
Questi
argomenti si occupano di contemporaneità.
Perciò
sono nate le serie di lavori sull’ambiente che trattano il tema
dell’ inquinamento e dello sfruttamento delle risorse energetiche.
Così
come sono nati i Supertuscany dove vengono ritratte scene di vacanza
e quotidianità dell’amata Toscana.
La
serie di ritratti che rappresentano miti contemporanei(A. Hitchcock,
G. Garbo, M. Jagger).
Gli
incidenti automobilistici( J. Mansfield, Lady D.)
Questi
lavori sono eseguiti su pannelli di vario materiale(
policarbonato,polionda, legno e tela), sui quali vengono assemblate
foto che fungeranno da fondo per poi essere il tutto ridipinto con
acrilici e resine, ed ottenere così immagini nuove e a volte
inaspettate. L’ultima serie prodotta “Non è un mondo per
piccoli”:La
vita non è che un'ombra che cammina; un povero attore che si
pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena e del quale non si
ode più nulla: è una storia raccontata da un idiota, piena di
rumore e furore,che non significa nulla.
William
Shakespeare MACBETH
Anna Grazia Perlini
Anna Grazia Perlini
Nasce a Verona (1955), frequenta il
liceo artistico, compie varie esperienze teatrali, sopratutto legate
all'insegnamento di Grotowski e alla scena berlinese.
Influenzata dall'insegnamento di
G.Dorfles che “legge” Duchamp, elabora un metodo per cui
l'oggetto stesso rivela le sue intenzioni segrete. Con “la pittura
rovesciata” persegue una ricerca di qualche anno per uscire dai
clichè estetizzanti e per toglierne la normatività.
Ne nasce un linguaggio visivo
minimalista e sintetico, una sorta di rarefatta estrazione raffinata
e povera al tempo stesso.
Nasce, nel 2004, l'attuale laboratorio,
una sorta di “casa dell'anima”,in cui costruisce anche oggetti
d'uso quotidiano oltre ai manufatti più strettamente artistici.
Anche una sua semplice tazza, parla comunque anche l'altro
linguaggio, serve per bere ma anche per sognare.
Nel laboratorio tiene corsi per “fare”
e “sentire” il linguaggio puro della ceramica.
Partecipa a varie mostre, tra le quali
nel 2012 il Festival Internazionale di Ceramica – St. Quentin la
Poteie, Francia, e ultima delle quali una personale a marzo 2015 al
Polo Culturale del MART, Rovereto, Italia.
In occasione del Concorso
Internazionale di Ceramica – Carouge 2015, partecipa con una
lampada in terraglia bianca (1020°C) invetriata, dal titolo ARRABA ,
in cui la luce si espande attraverso un arabesco.
MOSTRE :
1984 Partecipazione alla rassegna “La
Ceramica d'Arte a Verona”, Casa di Giulietta
1986 Partecipazione alla “Fiera del
Mobile e dell'Arredamento”, Verona
1997 Mostra al Caffè Madrugada di
Verona, con la fotografa Anna Russo
2001 Mostra al Cavaliere d'Oriente,
Colognola ai Colli, Verona
2002 Mostra alla Gran Guardia di Verona
con il gruppo Artigiani Creativi
2002 Mostra nel negozio CdO di Porto
Cervo
2011 Mostra al Circolo della Rosa,
Verona
2012 Mostra presso lo studio di pittura
Roberta Facchin, Verona
2012 Partecipazione al Festival
Internazionale di Ceramica – St. Quentin la Poterie – Uzès-
Francia
2015 Mostra al Polo Culturale e Museale
del MART , Rovereto
Maria Teresa Padovani
Maria Teresa
Padovani, scultrice
Nata a Verona nel 1964, Maria
Teresa Padovani ha appreso scultura presso l’Accademia Cignaroli,
tra il 1985 e il 1989, sotto la guida di Gino Bogoni. Occupata come
aiuto scultrice (stagionalmente) presso la fondazione Arena di Verona
dal 1990, Padovani dedica gli altri mesi al lavoro nel proprio
studio. Nasce da questa alternanza lavoro-creatività il processo
ciclico che caratterizza la sua produzione, cicli caratterizzati
dall’utilizzo di materiali differenti (gesso, cere, gomme, terre),
dal 2008 si dedica interamente alla scultura. Dagli anni Novanta ha
realizzato i cicli Pezzi di mare (1993- 1994), Maria (1997), Grumi
(1999), Bambini acquatici (2000-2001) presenti alla mostra permanente
di Palazzo Forti, Bambini seduti (2002), Ossa (2003), Pance (2005),
Gesti minimi (2006), Parenti prossimi (2007), Femminile imperfetto
(2008).
Mostre
Galleria Bevilacqua la Masa,
Venezia 1993
Decumano Secondo, Verona 1993
Studio Dieci, Vercelli 1996
Cento lavoro arte, Milano 1996
Ex Tempore, Novara 1996
Arte aperto, Verona 2000
Scultori a Verona, Palazzo Forti
2000
“Sottigliezze” otto
scultrici in mostra alla Gran Guardia 2003
Atelier aperti “Moa Gallery-
Munzi’s oper art settembre 2008
Ballarini interni 18 x 24
Sguardi dicembre 2008
Ottomarzo. Femminile, plurale.
“Bianco” performance, Verona Gran Guardia 2009
Marco Grazi
Marco Grazi nasce a
Genova nel 1955.
L'amore per la
fotografia nasce invece nel 1980, con l'acquisto della “sua” OM1
Olympus, e da quel momento, pur con alti e bassi, non si è più
interrotto, rimanendo comunque sempre a livello amatoriale.
Dieci anni di viaggi e
vacanze con borsone a tracolla, due corpi, quattro obiettivi,
centinaia di diapositive, molti ricordi, qualcuno degno di essere
condiviso.
La scoperta del bianco
e nero, l'emozione dell'immagine che, nella vaschetta, appare
gradatamente sulla carta, come per magia.
Un lungo periodo di
stasi, il digitale avvicinato con diffidenza, e con apparecchi
scadenti.
Finalmente una reflex
digitale, l'approccio a Photoshop e Gimp.
Negli ultimi anni le
sue opere hanno avuto spazio su siti web quali Premio Celeste e
PhotoVogue.
La
fotografia di Marco Grazi, anche se il “sentire” l'immagine è
comunque del tutto arbitrario, nasce dai contrasti.
Muoversi
nel suo mondo è tutt'altro che facile ma molto stimolante.
Le
sue opere, quasi schizofreniche, evocano momenti di raccoglimento, di
riflessione, di serena solitudine.
E'
la celebrazione dell'assoluto silenzio anche in mezzo a centinaia di
turisti giapponesi.
L'anima
ha fatto la sua scelta e come un tacito accordo l'occhio tecnico e
preciso cattura l'istante di una banale azione quotidiana, proprio
nel momento in cui essa si trasforma, elevandosi in qualcosa che va
oltre.
La
presenza dell'acqua, molto forte nelle sue opere, anche quando si
traveste in pioggia nascondendosi tra le fessure di un copertone di
una bicicletta Rasta o silenziosamente culla colorate barche, riporta
ogni cosa all'origine.
Ogni
cosa così emerge come battezzata; il cane, la spiaggia, il ragazzo.
Parole sentite pronunciare, come se fosse la prima volta, dalla bocca
di un bambino che così facendo le mette al mondo.
Stefania Malferrari
Stefania
Malferrari nasce a Bologna il 26 settembre del 1968.
Mi
diplomo in Scultura all’Accademia di Belle Arti nel 1992 e continuo
il mio percorso di vita e artistico all’estero tra Svezia,
Inghilterra e Danimarca, approfondendo l’interesse per la ceramica
raku e pitfiring.
La
terra e il fuoco sono quindi materia dei miei esperimenti ma il campo
d’interesse non si ferma qui, l’idea è quella di portare avanti
un concetto antico che è quello del contenitore, del contenere, e
svilupparlo in un ambito contemporaneo. Da qui i simboli che si
possono ritrovare facilmente nel quotidiano e che compaiono impressi
all’interno dei pezzi.
Negli
ultimi anni ho continuato a lavorare con l'idea del contenere
applicata alla figura umana in quanto contenitore di pensieri e
generatore di altri esseri umani. Le mie figure sono riconoscibili
come pittogrammi, talvolta hanno un anima luminosa altre volte sono
trasparenti, fragili, evanescenti come se stessero per scomparire.
Attualmente
vivo e lavoro nei dintorni di Bologna e dal 2000 lavoro come interior
design per Ikea.
Canoa
Parte
di una serie di canoe, in questa imbarcazione i miei personaggi si
raccontano e partono per il loro viaggio. La tecnica ceramica da me
usata è di tipo primitivo, le forme da me forgiate sono semplici.
L'imbarcazione che in questo caso ha preso questa forma fa sempre
parte di questa mia ricerca sull'archetipo del contenitore e i
personaggi sono dei pittogrammi impressi nella creta che si
“illuminano” nelle loro azioni.
Appesi
ad un filo
In
questa serie i miei piccoli personaggi sono “ricamati” nella
forma di pittogrammi. Si raccontano in imprese e pensieri che li
muovono in diverse direzioni... Sempre sull'orlo del baratro
o...appesi ad un filo, lo stesso che li ha generati. Sono nati
spontaneamente, cuciti a macchina su carta trasparente, senza esser
stati pre-disegnati, con i loro difetti e le loro imperfezioni.
Uguali
ma diversi, come ogniuno di noi. Si muovono nel loro spazio grafico
seguendo il ritmo delle frasi a loro applicate.
Cherubino Forti
Cherubino Forti
Nasce in Toscana in
provincia di Firenze. Opera come designer nel campo del giocattolo,
collaborando con importanti marchi italiani e internazionali.
Da qualche anno trasporta
questa esperienza e duttilità nella sua produzione artistica.
Nelle sue opere Forti
rappresenta su tela, come fossero icone, i personaggi che ha
realizzato/realizza per la produzione commerciale facendoli diventare
protagonisti di una nuova storia. Un percorso che accompagna il
prodotto “giocattolo” dallo scaffale del negozio, dalla camera
dei bambini, alla tela di un quadro.
Rappresentati
frontalmente o di profilo e in medio-grandi dimensioni, realizzati
con tecnica ad acrilico, dal tratto veloce e fresco, di forte impatto
cromatico, rimandano alla spensieratezza dell’infanzia; le
espressioni dei personaggi ritratti diventano allegorie psicologiche
in grado di interagire con il pubblico in un gioco di ammiccamenti e
complicità.
Beatrice Alegiani
Beatrice
Alegiani nasce a Roma il 28 dicembre del 1972.
Dopo la maturità
scientifica si iscrive alla Facoltà di Architettura presso
l'università di Roma La Sapienza, dove si laurea con lode.
Dal 2005 si
dedica alla pittura studiando con diversi maestri in Italia e
all’estero.
L’attrazione verso la
bambola muove le sue ultime opere, in cui a far da protagonista è un
particolare modello, originario del Giappone, la bambola kokeshi, a
cui l’artista ha dedicato un’intensa produzione, riproponendole
in una moderna declinazione pittorica.
“Kokeshi Dolls”
è il nome della serie di opere ispirata a queste bambole dalla forma
essenziale: una sfera per la testa ed un cilindro per il corpo, che è
privo di arti.
Souvenir per eccellenza,
oggi queste bambole sono diventate pezzi da collezione e sono molto
conosciute anche in occidente.
Beatrice, attratta da
tutto ciò che riguarda la cultura orientale, con la quale ha un
profondo legame sviluppatosi nel corso degli ultimi anni attraverso
studi e viaggi, ne richiama in particolare l’estetica Kawaii,
termine giapponese che allude a tutto ciò che appartiene alla sfera
infantile, che è grazioso, tenero, fanciullesco, ma anche
leggermente malizioso e al tempo stesso estremamente vulnerabile.
L’artista anima le sue Kokeshi Dolls attribuendo loro sembianze di
amici e conoscenti o personaggi degni di ammirazione, come nel caso
di Magritte, che riconosciamo attraverso le sue caratteristiche
peculiari: la bombetta e la pipa.
Attraverso questa pratica
di “personalizzazione”, la bambola si trasforma qui da oggetto
inanimato in contenitore d’identità, strumento per una
differenziazione soggettiva.
Il messaggio custodito in
questi corpi sproporzionati, dove la bellezza è un attributo non
immediato bensì da ricercare, è dunque soprattutto un’identità
da ritrovare.
C’è qui grande
corrispondenza all’attuale dimensione sociale: nella dispersione
operata dai grossi agglomerati urbani, dove tutto può rimanere
piatto e anonimo, è difficile alla fine ritrovarsi, addirittura è
difficile scoprirsi.
Non a caso le bambole
sulla tela sono collocate su sfondi completamente bianchi, andando
così a declamare questa decontestualizzazione, questo senso di
sospensione che evidenzi una ricerca, in cui alla fine, anche nella
ripetizione, quel che conta è trovare la propria voce, affermare le
proprie idee, rischiare di essere se stessi semplicemente.
“Chi sei veramente
oggi?” ma anche e soprattutto: “Cosa fai oggi per renderti
felice?”.
Giovanni Dalle Donne
Giovanni Dalle Donne, originario di Villimpenta
(Mn).
Appassionato fotografo e cultore della tecnica del disegno, unisce
le due passioni diventando fine disegnatore dalla mano “classica”
con taglio modernissimo.
Frutto della conoscenza dello strumento fotografico, che utilizza per confezionare il taglio dell’immagine da realizzare, i lavori di Dalle Donne sono la trasformazione dei corpi in forme dinamiche, che vengono disegnati e reinterpretati dalla mano dell’artista.
Corpi di uomini e donne, giovani ed adulti trattati con una raffinatissima tecnica a matita, Dalle Donne realizza un intreccio di segni, simile alla trama di un tessuto che dà poi origine a una figura di rara bellezza ed eleganza. Forme che, in tutta la loro iperreale tridimensionalità e dinamicità, sembrano voler fuoriuscire distaccandosi dallo sfondo bianco e muoversi verso lo spettatore.
Interessante è la fase successiva della ricerca di Dalle Donne, assolutamente conseguenziale alla precedente. I lavori precedentemente realizzati a matita vengono riproposti, con la tecnica della stampa digitale, su alluminio, su plexiglas o altri materiali, ingranditi, talora colorati, scomposti in parti, riorganizzati, rinsaldati a formare una stratificazione di parti, che ricompongono un unità non perfettamente organizzata.
Giovanni Cavassori
Friulano d'origine
,Giovanni Cavassori si forma al Liceo Artistico e all'Accademia di
Belle Arti di Venezia. Artista contemporaneo sui generis , applica le
sue innate capacità creative sia alla parte professionale, che in
quella artistica.
Collabora sino da
giovanissimo per le più note agenzie pubblicitarie italiane,
diventando uno dei più importanti illustratori a livello nazionale e
internazionale.
Nel 1978 firma l'immagine
ufficiale della Biennale d' Arte di Venezia. Lavora per importanti
aziende dell'editoria, dell'industria cartotecnica, del fumetto, del
toy e product design.
Nel suo percorso
artistico, negli anni '90 , inventa un modo del tutto originale di
interpretare la scultura.
Cavassori non scolpisce
dal “pieno” , ma riempie con il poliuretano espanso delle forme
di stoffa, gonfiandole. Scaturiscono così delle forme turgide e
sinuose che poi vengono assemblate e dipinte con colori acrilici. Di
forte impatto visivo, le sculture ripropongono forme archetipe che,
disgiunte da qualsiasi “ grammatica visiva”, possono inizialmente
disorientare.
Pino Castagna
Pino
Castagna
Nota
biografica da archivio dell’artista a
cura di Lavinia Tonetti, 2015
Pino
Castagna nasce a Castelgomberto (Vicenza) nel 1932. Completati gli
studi accademici a Verona e a Venezia, acquisisce nel corso degli
anni molteplici competenze sulla cultura e la lavorazione dei
materiali: la ceramica, il vetro, le fibre tessili per arazzi e
tappeti, il marmo, il legno, il bronzo, l’alluminio, la ghisa, il
cemento, l’acciaio, rinnovando nel tempo e inventando lui stesso
metodologie progettuali consone al suo naturale “far grande”,
come chiaramente si intuisce visitando lo studio-laboratorio di
Costermano, dove Castagna lavora dal 1969. A questa conoscenza
tecnica si accorda una libertà creativa che riesce a forzare i
limiti estremi di resistenza dei materiali, fino ad ottenere i
risultati voluti. Un esempio di tale processo artistico sono i
Canneti,
esposti anche a Tokyo nel 1977 presso la storica Galleria Wako, gli
interventi sui grandi tronchi di Iroko del 1976 o i Muri
in acciaio cor-ten e cemento, realizzati nel 1980, ma concepiti nel
1961, quando fu eretto il muro di Berlino.
Le
più importanti mostre
personali
dell’artista hanno trovato la loro sede ideale “en plein air”
nei centri storici di Monaco (1971), Imola e Verona (1975), Lucca
(1976), Rimini (1978), Salisburgo (1979), Bardolino (1982),
Montignoso (1991), Bolzano (1992), Pergine Valsugana (2001).
Dal
confronto con gli spazi urbani è nata nel 1979 la serie delle
Piazze,
originali scenografie di ispirazione metafisica, che svelano una
tensione progettuale pienamente consapevole, avvalorata, all’inizio
del 1980 dalla realizzazione del Muro,
cardine imprescindibile del percorso artistico di Castagna. Negli
stessi anni lo scultore realizza Memoria
della Giudecca
(1980-1981), le altissime bricole (13 metri) in legno di Iroko,
acquistate dal comune di Francoforte e collocate nel quartiere
ristrutturato di Griesheim, in riva al fiume Meno. È un momento di
fervida attività creativa e sono frequenti le occasioni di esporre a
importanti rassegne collettive. Nel 1981 l’artista partecipa alla
Triennale Internazionale Scultura
Marmo Lavoro
di Carrara e alla mostra Il
materiale delle arti allestita
al Castello Sforzesco di Milano, dove propone una nuova versione del
Canneto
in porcellana.
Sarà
tuttavia il 1985, con la retrospettiva al Palazzo delle Albere di
Trento e la mostra antologica nelle sale di Palazzo Te a Mantova,
l’anno in cui si riconosce a Castagna un ruolo di primo piano nel
contesto artistico internazionale, successo confermato dalla
partecipazione alle più significative rassegne d’arte: la XLII
Biennale di Venezia
nel 1986, con il memorabile allestimento delle Vele
in ghisa (1981) sulla riva del bacino di San Marco (attualmente al
MART di Rovereto), la Biennale
Européenne Sculpture de Normandie
a Jouy-sur-Eure (1984 e 1986), la Biennale
Internazionale del bronzetto e Piccola Scultura
di Padova (1986-1987 e 1995), la mostra Forme
per il cemento
del 1988 allestita a Roma, presso l’Istituto Nazionale di Studi
Romani e il Parco di S. Alessio, la Biennale
Internazionale di scultura
a Carrara nel 1996 e nel 1998, la mostra itinerante Scultura
Lingua viva
al Museo Ermitage di San Pietroburgo e al Palazzo Ducale di Massa nel
1998, la Decima
Biennale d’Arte Sacra
a San Gabriele (2002), la mostra Κέραμος
ceramica nell’arte italiana 1910-2002,
presentata nel 2002 a Roma, al Museo del Corso, la rassegna di
Scultura
Internazionale
presso il Giardino e il Parco del Castello di Agliè e la prima
rassegna della scultura mediterranea Il
Campo dei miracoli
nel Parco del Magliano a Marina di Massa, entrambe del 2005.
L’autentica
aspirazione architettonica e ambientale della scultura di Castagna si
rivela da oltre un ventennio in una serie di interventi in scala
urbana ed extraurbana, che trovano interesse non solo in Italia, ma
anche all’estero. Tra questi ricordiamo Alpinia-Cascade
de Beynost
(2005), un’opera in acciaio cor-ten e cemento di forte impatto
visivo nel paesaggio autostradale francese, collocata in prossimità
di Lione alla stazione di Saint-Maurice de Beynost; Omaggio
a Consolini
in acciaio inox e vetro per gli Impianti sportivi di Costermano
(1994); il Canneto
in porcellana per l’università di Braunschweig in Germania (1997);
Monadi,
una scultura in cemento e acciaio cor-ten destinata al Parco Scultura
di Villa Glori a Roma (1997); il Canneto
in vetro a Palazzo Montecitorio (2001); il Cespo
veneziano,
una scultura in vetro di Murano e acciaio che sorge al centro della
Rotonda Maria Rosa Molas a Castellòn de La Plana in Spagna (2002);
il Canneto
in porcellana greifficata nella prestigiosa Palazzina del Cavaliere,
all’interno del Giardino di Boboli di Palazzo Pitti (2008); lo
Spino
del filo spinato
in bronzo (cm 613 x 690 x 573) in Piazza Isolo a Verona (2009),
destinato a ricordare le vittime della deportazione nel corso
dell’ultimo conflitto bellico; “…
in pietra alpestra e dura”
il muro in marmo bianco Carrara (cm 570 x 1800 x 900) collocato a
Marina di Massa in Piazza Bud-Kissingen (2009); la Fiamma
in
bronzo
statuario patinato, monumento all’Arma dei Carabinieri di Peschiera
del Garda, nell’area Riviera Carducci a Peschiera del Garda (2009);
Gerico
in
acciaio
cor-ten e cemento (cm 670 x 2300 x 700) a Le Bourget du Lac
(Francia), Savoie Technolac (2010); Arcadia
Veneta
in bronzo patinato e marmo (altezza cm 215, diametro circa cm 200)
realizzata per il Trentennale del Premio Masi e collocata presso la
Masi Agricola a Gargagnago di Valpolicella (2011); La
siepe
in acciaio inox che ridisegna lo spazio davanti al Teatro Ristori a
Verona (2012); Canyon
in acciaio cor-ten e cemento, posta al Museo Internazionale di
Scultura Contemporanea di Santo Tirso in Portogallo (2013).
La
sensibilità e il carattere dell’opera di Castagna hanno raggiunto
risultati coraggiosi e di grande impatto visivo anche in numerosi
spazi sacri: la chiesa all’aperto nel sagrato antistante la
parrocchiale di Zermeghedo (1994); le vetrate per la Basilica di S.
Maria Assunta in Calvenzano a Vizzolo Predabissi (1997); la vetrata
La
Visitazione
in vetro fusione per la Parrocchia di San Giorgio Martire a
Fontanafredda (2009) e la più recente riprogettazione degli arredi
sacri (altare, cattedra vescovile, ambone, …) dell’area
presbiteriale del Duomo-Cattedrale di Vicenza (2009).
Un
nucleo consistente di sculture si trova attualmente alla Fondazione
Cini di Venezia, a Deauville nel Musèe de plein air Domaine de
l’Amiraute, al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, al
Museo Diocesano di Vicenza e alla Fondazione Cariverona di Verona. Al
Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze sono conservate alcune
opere di oreficeria, nella sezione dedicata al Gioiello
Contemporaneo. Una parte importante della produzione grafica
dell’artista è conservata, invece, a Vienna alla Collezione
Grafica Albertina e a Firenze presso il Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi, altre opere sono presso collezionisti privati.
Recenti riconoscimenti
Verona
1997, Premio Internazionale “Guido Zangrando”
Roma
1999, Premio Internazionale di Scultura “Costantino Nivola”
Pescia
2000, Premio Biennale di Scultura “Libero Andreotti”
Vicenza
2006, Primo Premio Concorso di idee per progettazione elementi
funzionali al rito per il Duomo
San
Giorgio di Valpolicella 2006, Premio Masi per La Civiltà Veneta
Verona
2009, Premio “Mastro d’Arte della Pietra”
Marina
di Carrara 2010, Menzione speciale “Marble Architectural Awards
2010”
Galleria
Lazisee è una nuova galleria d'arte contemporanea che ha inaugurato giovedì 11 giugno 2015.
La filosofia della galleria è di promuovere il lavoro di artisti emergenti che esporranno accanto ad artisti professionisti di chiara fama.
La galleria è aperta dal martedì alla domenica compresa.
Piazza Partenio 7
37017 Lazise VR
info@lazisee.com
www.lazisee.com
+39 329 6576479
La filosofia della galleria è di promuovere il lavoro di artisti emergenti che esporranno accanto ad artisti professionisti di chiara fama.
La galleria è aperta dal martedì alla domenica compresa.
Piazza Partenio 7
37017 Lazise VR
info@lazisee.com
www.lazisee.com
+39 329 6576479
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