Marco Grazi nasce a
Genova nel 1955.
L'amore per la
fotografia nasce invece nel 1980, con l'acquisto della “sua” OM1
Olympus, e da quel momento, pur con alti e bassi, non si è più
interrotto, rimanendo comunque sempre a livello amatoriale.
Dieci anni di viaggi e
vacanze con borsone a tracolla, due corpi, quattro obiettivi,
centinaia di diapositive, molti ricordi, qualcuno degno di essere
condiviso.
La scoperta del bianco
e nero, l'emozione dell'immagine che, nella vaschetta, appare
gradatamente sulla carta, come per magia.
Un lungo periodo di
stasi, il digitale avvicinato con diffidenza, e con apparecchi
scadenti.
Finalmente una reflex
digitale, l'approccio a Photoshop e Gimp.
Negli ultimi anni le
sue opere hanno avuto spazio su siti web quali Premio Celeste e
PhotoVogue.
La
fotografia di Marco Grazi, anche se il “sentire” l'immagine è
comunque del tutto arbitrario, nasce dai contrasti.
Muoversi
nel suo mondo è tutt'altro che facile ma molto stimolante.
Le
sue opere, quasi schizofreniche, evocano momenti di raccoglimento, di
riflessione, di serena solitudine.
E'
la celebrazione dell'assoluto silenzio anche in mezzo a centinaia di
turisti giapponesi.
L'anima
ha fatto la sua scelta e come un tacito accordo l'occhio tecnico e
preciso cattura l'istante di una banale azione quotidiana, proprio
nel momento in cui essa si trasforma, elevandosi in qualcosa che va
oltre.
La
presenza dell'acqua, molto forte nelle sue opere, anche quando si
traveste in pioggia nascondendosi tra le fessure di un copertone di
una bicicletta Rasta o silenziosamente culla colorate barche, riporta
ogni cosa all'origine.
Ogni
cosa così emerge come battezzata; il cane, la spiaggia, il ragazzo.
Parole sentite pronunciare, come se fosse la prima volta, dalla bocca
di un bambino che così facendo le mette al mondo.
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