martedì 30 giugno 2015

Lazisee


Pietro Vilas

Pietro Vilas, artista eclettico, si occupa di scultura, pittura e musica.
Ha partecipato a numerose collettive in Italia :Casa di Giulietta a Verona, Palazzo Gonzaga a Volta Mantovana, Palazzo Albertini a Pozzolengo.
Le sue sculture sono emozionanti . Utilizza molto spesso del legno carbonizzato ottenendo una superficie nera, a volte incisa con dei simboli che rimandano ai geroglifici, a volte trafitta da grossi chiodi fatti a mano che ricordano la flagellazione di S.Sebastiano.
E' presente un rapporto di continuità esistenziale e di immedesimazione tra opera ed artista. L'artista identifica la sofferenza propria con quella della materia che lavora e affida alle sue opere la memoria..ed un viaggio verso l'immortalita'.
I suoi volumi si sviluppano in un gioco di pieni e di vuoti, contrapponendo il senso pesantezza e leggerezza.
I suoi dipinti rimandano a De Chirico . Il colore dato a grandi campiture piatte definisce sfondi e paesaggi desolati e disabitati.





Piroga
..Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare...............(Infinito di G. Leopardi)



La Piroga di Vilas presenta una materia nera , carbonizzata, infernale potrebbe essere il mezzo con cui Caronte trasportava le anime dei morti.
L'opera è stata realizzata negli anni novanta ed è tuttora attualissima per il continuo rimando agli sbarchi dei naufraghi in Italia.
La grande piroga che compie il viaggio contiene in se una piroga di piccole dimensioni come a significare che il viaggio non è mai finito e la meta mai raggiunta.

Rappresenta il viaggio che gli esseri umani compiono nella loro vita.


Maurizio Satta

Maurizio Satta

Nato a Colonia, Germania,dove ha vissuto sino alla fine degli anni novanta.
Dopo la scuola dell'obbligo ha frequentato la scuola di Arte e Pittura a Colonia (Kunstschule Köln für Farbtechnik und Raumgestaltung).
Verso la metà degli anni novanta ha esposto quadri in mostre collettive a Colonia, Düsseldorf e dintorni . Dal duemila i varie mostre in Italia e all'estero. E' presente in molte pubblicazioni.

La Donna diventa lo spunto, il punto di partenza, l'imprinting figurale attraverso il quale racconta il proprio percorso evolutivo d'artista.
La ricerca diventa analisi dell'io inserito nel contesto sociale e culturale attuale, complesso e variopinto ma pur sempre dominato da immagini stereotipate che nascondono messaggi collettivi e chiavi di lettura differente.


Marika Santoni

Marika Santoni

Diplomata all'Accademia di Belle arti di Bologna , dove è stata allieva di Concetto Pozzati.
Dal 1989 ha partecipato a numerose esposizioni, personali e collettive, in Italia e all'estero.
Scenografa per la Fondazione Arena di Verona e altri teatri minori.
Segnalazione d’onore in scultura a “Il Centenario1992”, Premio Fortunato Depero,Torino.
PUBBLICAZIONI
Catalogo Internazionale d'Arte moderna, Ed. CIDA n° 11 e 12
Revolutionart”n°29, 2011
Catalogo Personale -Grafiche Aurora(2008).
Cardi Selvaggi”,Blue Service(1997).
Storia del Castello di Malamorte(oggi Belveglio),Blue Service(1994)

l’Ex Libris all’Accademia di Belle Arti”,Editrice Temi(1987)



Il lavoro di Marika Santoni si sviluppa intorno ad alcuni argomenti che catturano l’interesse dell’artista.
Questi argomenti si occupano di contemporaneità.
Perciò sono nate le serie di lavori sull’ambiente che trattano il tema dell’ inquinamento e dello sfruttamento delle risorse energetiche.
Così come sono nati i Supertuscany dove vengono ritratte scene di vacanza e quotidianità dell’amata Toscana.
La serie di ritratti che rappresentano miti contemporanei(A. Hitchcock, G. Garbo, M. Jagger).
Gli incidenti automobilistici( J. Mansfield, Lady D.)
Questi lavori sono eseguiti su pannelli di vario materiale( policarbonato,polionda, legno e tela), sui quali vengono assemblate foto che fungeranno da fondo per poi essere il tutto ridipinto con acrilici e resine, ed ottenere così immagini nuove e a volte inaspettate. L’ultima serie prodotta “Non è un mondo per piccoli”:La vita non è che un'ombra che cammina; un povero attore che si pavoneggia e si agita per la sua ora sulla scena e del quale non si ode più nulla: è una storia raccontata da un idiota, piena di rumore e furore,che non significa nulla. William Shakespeare MACBETH




Anna Grazia Perlini

Anna Grazia Perlini
Nasce a Verona (1955), frequenta il liceo artistico, compie varie esperienze teatrali, sopratutto legate all'insegnamento di Grotowski e alla scena berlinese.
Influenzata dall'insegnamento di G.Dorfles che “legge” Duchamp, elabora un metodo per cui l'oggetto stesso rivela le sue intenzioni segrete. Con “la pittura rovesciata” persegue una ricerca di qualche anno per uscire dai clichè estetizzanti e per toglierne la normatività.
Ne nasce un linguaggio visivo minimalista e sintetico, una sorta di rarefatta estrazione raffinata e povera al tempo stesso.
Nasce, nel 2004, l'attuale laboratorio, una sorta di “casa dell'anima”,in cui costruisce anche oggetti d'uso quotidiano oltre ai manufatti più strettamente artistici. Anche una sua semplice tazza, parla comunque anche l'altro linguaggio, serve per bere ma anche per sognare.
Nel laboratorio tiene corsi per “fare” e “sentire” il linguaggio puro della ceramica.
Partecipa a varie mostre, tra le quali nel 2012 il Festival Internazionale di Ceramica – St. Quentin la Poteie, Francia, e ultima delle quali una personale a marzo 2015 al Polo Culturale del MART, Rovereto, Italia.
In occasione del Concorso Internazionale di Ceramica – Carouge 2015, partecipa con una lampada in terraglia bianca (1020°C) invetriata, dal titolo ARRABA , in cui la luce si espande attraverso un arabesco.

MOSTRE :

1984 Partecipazione alla rassegna “La Ceramica d'Arte a Verona”, Casa di Giulietta
1986 Partecipazione alla “Fiera del Mobile e dell'Arredamento”, Verona
1997 Mostra al Caffè Madrugada di Verona, con la fotografa Anna Russo
2001 Mostra al Cavaliere d'Oriente, Colognola ai Colli, Verona
2002 Mostra alla Gran Guardia di Verona con il gruppo Artigiani Creativi
2002 Mostra nel negozio CdO di Porto Cervo
2011 Mostra al Circolo della Rosa, Verona
2012 Mostra presso lo studio di pittura Roberta Facchin, Verona
2012 Partecipazione al Festival Internazionale di Ceramica – St. Quentin la Poterie – Uzès- Francia

2015 Mostra al Polo Culturale e Museale del MART , Rovereto


Maria Teresa Padovani


Maria Teresa Padovani, scultrice
Nata a Verona nel 1964, Maria Teresa Padovani ha appreso scultura presso l’Accademia Cignaroli, tra il 1985 e il 1989, sotto la guida di Gino Bogoni. Occupata come aiuto scultrice (stagionalmente) presso la fondazione Arena di Verona dal 1990, Padovani dedica gli altri mesi al lavoro nel proprio studio. Nasce da questa alternanza lavoro-creatività il processo ciclico che caratterizza la sua produzione, cicli caratterizzati dall’utilizzo di materiali differenti (gesso, cere, gomme, terre), dal 2008 si dedica interamente alla scultura. Dagli anni Novanta ha realizzato i cicli Pezzi di mare (1993- 1994), Maria (1997), Grumi (1999), Bambini acquatici (2000-2001) presenti alla mostra permanente di Palazzo Forti, Bambini seduti (2002), Ossa (2003), Pance (2005), Gesti minimi (2006), Parenti prossimi (2007), Femminile imperfetto (2008).

Mostre
Galleria Bevilacqua la Masa, Venezia 1993
Decumano Secondo, Verona 1993
Studio Dieci, Vercelli 1996
Cento lavoro arte, Milano 1996
Ex Tempore, Novara 1996
Arte aperto, Verona 2000
Scultori a Verona, Palazzo Forti 2000
Sottigliezze” otto scultrici in mostra alla Gran Guardia 2003
Atelier aperti “Moa Gallery- Munzi’s oper art settembre 2008
Ballarini interni 18 x 24 Sguardi dicembre 2008

Ottomarzo. Femminile, plurale. “Bianco” performance, Verona Gran Guardia 2009


 

Marco Grazi


Marco Grazi nasce a Genova nel 1955.
L'amore per la fotografia nasce invece nel 1980, con l'acquisto della “sua” OM1 Olympus, e da quel momento, pur con alti e bassi, non si è più interrotto, rimanendo comunque sempre a livello amatoriale.
Dieci anni di viaggi e vacanze con borsone a tracolla, due corpi, quattro obiettivi, centinaia di diapositive, molti ricordi, qualcuno degno di essere condiviso.
La scoperta del bianco e nero, l'emozione dell'immagine che, nella vaschetta, appare gradatamente sulla carta, come per magia.
Un lungo periodo di stasi, il digitale avvicinato con diffidenza, e con apparecchi scadenti.
Finalmente una reflex digitale, l'approccio a Photoshop e Gimp.

Negli ultimi anni le sue opere hanno avuto spazio su siti web quali Premio Celeste e PhotoVogue.


La fotografia di Marco Grazi, anche se il “sentire” l'immagine è comunque del tutto arbitrario, nasce dai contrasti.
Muoversi nel suo mondo è tutt'altro che facile ma molto stimolante.
Le sue opere, quasi schizofreniche, evocano momenti di raccoglimento, di riflessione, di serena solitudine.
E' la celebrazione dell'assoluto silenzio anche in mezzo a centinaia di turisti giapponesi.
L'anima ha fatto la sua scelta e come un tacito accordo l'occhio tecnico e preciso cattura l'istante di una banale azione quotidiana, proprio nel momento in cui essa si trasforma, elevandosi in qualcosa che va oltre.
La presenza dell'acqua, molto forte nelle sue opere, anche quando si traveste in pioggia nascondendosi tra le fessure di un copertone di una bicicletta Rasta o silenziosamente culla colorate barche, riporta ogni cosa all'origine.
Ogni cosa così emerge come battezzata; il cane, la spiaggia, il ragazzo. Parole sentite pronunciare, come se fosse la prima volta, dalla bocca di un bambino che così facendo le mette al mondo.

Stefania Malferrari


Stefania Malferrari nasce a Bologna il 26 settembre del 1968.
Mi diplomo in Scultura all’Accademia di Belle Arti nel 1992 e continuo il mio percorso di vita e artistico all’estero tra Svezia, Inghilterra e Danimarca, approfondendo l’interesse per la ceramica raku e pitfiring.
La terra e il fuoco sono quindi materia dei miei esperimenti ma il campo d’interesse non si ferma qui, l’idea è quella di portare avanti un concetto antico che è quello del contenitore, del contenere, e svilupparlo in un ambito contemporaneo. Da qui i simboli che si possono ritrovare facilmente nel quotidiano e che compaiono impressi all’interno dei pezzi.
Negli ultimi anni ho continuato a lavorare con l'idea del contenere applicata alla figura umana in quanto contenitore di pensieri e generatore di altri esseri umani. Le mie figure sono riconoscibili come pittogrammi, talvolta hanno un anima luminosa altre volte sono trasparenti, fragili, evanescenti come se stessero per scomparire.

Attualmente vivo e lavoro nei dintorni di Bologna e dal 2000 lavoro come interior design per Ikea.

Canoa

Parte di una serie di canoe, in questa imbarcazione i miei personaggi si raccontano e partono per il loro viaggio. La tecnica ceramica da me usata è di tipo primitivo, le forme da me forgiate sono semplici. L'imbarcazione che in questo caso ha preso questa forma fa sempre parte di questa mia ricerca sull'archetipo del contenitore e i personaggi sono dei pittogrammi impressi nella creta che si “illuminano” nelle loro azioni. 



Appesi ad un filo

In questa serie i miei piccoli personaggi sono “ricamati” nella forma di pittogrammi. Si raccontano in imprese e pensieri che li muovono in diverse direzioni... Sempre sull'orlo del baratro o...appesi ad un filo, lo stesso che li ha generati. Sono nati spontaneamente, cuciti a macchina su carta trasparente, senza esser stati pre-disegnati, con i loro difetti e le loro imperfezioni.
Uguali ma diversi, come ogniuno di noi. Si muovono nel loro spazio grafico seguendo il ritmo delle frasi a loro applicate.

Cherubino Forti

Cherubino Forti
Nasce in Toscana in provincia di Firenze. Opera come designer nel campo del giocattolo, collaborando con importanti marchi italiani e internazionali.

Da qualche anno trasporta questa esperienza e duttilità nella sua produzione artistica.
Nelle sue opere Forti rappresenta su tela, come fossero icone, i personaggi che ha realizzato/realizza per la produzione commerciale facendoli diventare protagonisti di una nuova storia. Un percorso che accompagna il prodotto “giocattolo” dallo scaffale del negozio, dalla camera dei bambini, alla tela di un quadro.


Rappresentati frontalmente o di profilo e in medio-grandi dimensioni, realizzati con tecnica ad acrilico, dal tratto veloce e fresco, di forte impatto cromatico, rimandano alla spensieratezza dell’infanzia; le espressioni dei personaggi ritratti diventano allegorie psicologiche in grado di interagire con il pubblico in un gioco di ammiccamenti e complicità.


Beatrice Alegiani

Beatrice Alegiani nasce a Roma il 28 dicembre del 1972.
Dopo la maturità scientifica si iscrive alla Facoltà di Architettura presso l'università di Roma La Sapienza, dove si laurea con lode.
Dal 2005 si dedica alla pittura studiando con diversi maestri in Italia e all’estero.

L’attrazione verso la bambola muove le sue ultime opere, in cui a far da protagonista è un particolare modello, originario del Giappone, la bambola kokeshi, a cui l’artista ha dedicato un’intensa produzione, riproponendole in una moderna declinazione pittorica.
Kokeshi Dolls” è il nome della serie di opere ispirata a queste bambole dalla forma essenziale: una sfera per la testa ed un cilindro per il corpo, che è privo di arti.
Souvenir per eccellenza, oggi queste bambole sono diventate pezzi da collezione e sono molto conosciute anche in occidente.
Beatrice, attratta da tutto ciò che riguarda la cultura orientale, con la quale ha un profondo legame sviluppatosi nel corso degli ultimi anni attraverso studi e viaggi, ne richiama in particolare l’estetica Kawaii, termine giapponese che allude a tutto ciò che appartiene alla sfera infantile, che è grazioso, tenero, fanciullesco, ma anche leggermente malizioso e al tempo stesso estremamente vulnerabile. L’artista anima le sue Kokeshi Dolls attribuendo loro sembianze di amici e conoscenti o personaggi degni di ammirazione, come nel caso di Magritte, che riconosciamo attraverso le sue caratteristiche peculiari: la bombetta e la pipa.
Attraverso questa pratica di “personalizzazione”, la bambola si trasforma qui da oggetto inanimato in contenitore d’identità, strumento per una differenziazione soggettiva.
Il messaggio custodito in questi corpi sproporzionati, dove la bellezza è un attributo non immediato bensì da ricercare, è dunque soprattutto un’identità da ritrovare.
C’è qui grande corrispondenza all’attuale dimensione sociale: nella dispersione operata dai grossi agglomerati urbani, dove tutto può rimanere piatto e anonimo, è difficile alla fine ritrovarsi, addirittura è difficile scoprirsi.
Non a caso le bambole sulla tela sono collocate su sfondi completamente bianchi, andando così a declamare questa decontestualizzazione, questo senso di sospensione che evidenzi una ricerca, in cui alla fine, anche nella ripetizione, quel che conta è trovare la propria voce, affermare le proprie idee, rischiare di essere se stessi semplicemente.
“Chi sei veramente oggi?” ma anche e soprattutto:  “Cosa fai oggi per renderti felice?”.




Giovanni Dalle Donne

Giovanni Dalle Donne, originario di Villimpenta (Mn).
Appassionato fotografo e cultore della tecnica del disegno, unisce le due passioni diventando fine disegnatore dalla mano “classica” con taglio modernissimo.


Frutto della conoscenza dello strumento fotografico, che utilizza per confezionare il taglio dell’immagine da realizzare, i lavori di Dalle Donne sono la trasformazione dei corpi in forme dinamiche, che vengono disegnati e reinterpretati dalla mano dell’artista.
Corpi di uomini e donne, giovani ed adulti trattati con una raffinatissima tecnica a matita, Dalle Donne realizza un intreccio di segni, simile alla trama di un tessuto che dà poi origine a una figura di rara bellezza ed eleganza. Forme che, in tutta la loro iperreale tridimensionalità e dinamicità, sembrano voler fuoriuscire distaccandosi dallo sfondo bianco e muoversi verso lo spettatore.



Interessante è la fase successiva della ricerca di Dalle Donne, assolutamente conseguenziale alla precedente. I lavori precedentemente realizzati a matita vengono riproposti, con la tecnica della stampa digitale, su alluminio, su plexiglas o altri materiali, ingranditi, talora colorati, scomposti in parti, riorganizzati, rinsaldati a formare una stratificazione di parti, che ricompongono un unità non perfettamente organizzata.

Giovanni Cavassori

Friulano d'origine ,Giovanni Cavassori si forma al Liceo Artistico e all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Artista contemporaneo sui generis , applica le sue innate capacità creative sia alla parte professionale, che in quella artistica.
Collabora sino da giovanissimo per le più note agenzie pubblicitarie italiane, diventando uno dei più importanti illustratori a livello nazionale e internazionale.
Nel 1978 firma l'immagine ufficiale della Biennale d' Arte di Venezia. Lavora per importanti aziende dell'editoria, dell'industria cartotecnica, del fumetto, del toy e product design.
Nel suo percorso artistico, negli anni '90 , inventa un modo del tutto originale di interpretare la scultura.

Cavassori non scolpisce dal “pieno” , ma riempie con il poliuretano espanso delle forme di stoffa, gonfiandole. Scaturiscono così delle forme turgide e sinuose che poi vengono assemblate e dipinte con colori acrilici. Di forte impatto visivo, le sculture ripropongono forme archetipe che, disgiunte da qualsiasi “ grammatica visiva”, possono inizialmente disorientare.



Pino Castagna

Pino Castagna
Nota biografica da archivio dell’artista a cura di Lavinia Tonetti, 2015

Pino Castagna nasce a Castelgomberto (Vicenza) nel 1932. Completati gli studi accademici a Verona e a Venezia, acquisisce nel corso degli anni molteplici competenze sulla cultura e la lavorazione dei materiali: la ceramica, il vetro, le fibre tessili per arazzi e tappeti, il marmo, il legno, il bronzo, l’alluminio, la ghisa, il cemento, l’acciaio, rinnovando nel tempo e inventando lui stesso metodologie progettuali consone al suo naturale “far grande”, come chiaramente si intuisce visitando lo studio-laboratorio di Costermano, dove Castagna lavora dal 1969. A questa conoscenza tecnica si accorda una libertà creativa che riesce a forzare i limiti estremi di resistenza dei materiali, fino ad ottenere i risultati voluti. Un esempio di tale processo artistico sono i Canneti, esposti anche a Tokyo nel 1977 presso la storica Galleria Wako, gli interventi sui grandi tronchi di Iroko del 1976 o i Muri in acciaio cor-ten e cemento, realizzati nel 1980, ma concepiti nel 1961, quando fu eretto il muro di Berlino.
Le più importanti mostre personali dell’artista hanno trovato la loro sede ideale “en plein air” nei centri storici di Monaco (1971), Imola e Verona (1975), Lucca (1976), Rimini (1978), Salisburgo (1979), Bardolino (1982), Montignoso (1991), Bolzano (1992), Pergine Valsugana (2001).
Dal confronto con gli spazi urbani è nata nel 1979 la serie delle Piazze, originali scenografie di ispirazione metafisica, che svelano una tensione progettuale pienamente consapevole, avvalorata, all’inizio del 1980 dalla realizzazione del Muro, cardine imprescindibile del percorso artistico di Castagna. Negli stessi anni lo scultore realizza Memoria della Giudecca (1980-1981), le altissime bricole (13 metri) in legno di Iroko, acquistate dal comune di Francoforte e collocate nel quartiere ristrutturato di Griesheim, in riva al fiume Meno. È un momento di fervida attività creativa e sono frequenti le occasioni di esporre a importanti rassegne collettive. Nel 1981 l’artista partecipa alla Triennale Internazionale Scultura Marmo Lavoro di Carrara e alla mostra Il materiale delle arti allestita al Castello Sforzesco di Milano, dove propone una nuova versione del Canneto in porcellana.
Sarà tuttavia il 1985, con la retrospettiva al Palazzo delle Albere di Trento e la mostra antologica nelle sale di Palazzo Te a Mantova, l’anno in cui si riconosce a Castagna un ruolo di primo piano nel contesto artistico internazionale, successo confermato dalla partecipazione alle più significative rassegne d’arte: la XLII Biennale di Venezia nel 1986, con il memorabile allestimento delle Vele in ghisa (1981) sulla riva del bacino di San Marco (attualmente al MART di Rovereto), la Biennale Européenne Sculpture de Normandie a Jouy-sur-Eure (1984 e 1986), la Biennale Internazionale del bronzetto e Piccola Scultura di Padova (1986-1987 e 1995), la mostra Forme per il cemento del 1988 allestita a Roma, presso l’Istituto Nazionale di Studi Romani e il Parco di S. Alessio, la Biennale Internazionale di scultura a Carrara nel 1996 e nel 1998, la mostra itinerante Scultura Lingua viva al Museo Ermitage di San Pietroburgo e al Palazzo Ducale di Massa nel 1998, la Decima Biennale d’Arte Sacra a San Gabriele (2002), la mostra Κέραμος ceramica nell’arte italiana 1910-2002, presentata nel 2002 a Roma, al Museo del Corso, la rassegna di Scultura Internazionale presso il Giardino e il Parco del Castello di Agliè e la prima rassegna della scultura mediterranea Il Campo dei miracoli nel Parco del Magliano a Marina di Massa, entrambe del 2005.
L’autentica aspirazione architettonica e ambientale della scultura di Castagna si rivela da oltre un ventennio in una serie di interventi in scala urbana ed extraurbana, che trovano interesse non solo in Italia, ma anche all’estero. Tra questi ricordiamo Alpinia-Cascade de Beynost (2005), un’opera in acciaio cor-ten e cemento di forte impatto visivo nel paesaggio autostradale francese, collocata in prossimità di Lione alla stazione di Saint-Maurice de Beynost; Omaggio a Consolini in acciaio inox e vetro per gli Impianti sportivi di Costermano (1994); il Canneto in porcellana per l’università di Braunschweig in Germania (1997); Monadi, una scultura in cemento e acciaio cor-ten destinata al Parco Scultura di Villa Glori a Roma (1997); il Canneto in vetro a Palazzo Montecitorio (2001); il Cespo veneziano, una scultura in vetro di Murano e acciaio che sorge al centro della Rotonda Maria Rosa Molas a Castellòn de La Plana in Spagna (2002); il Canneto in porcellana greifficata nella prestigiosa Palazzina del Cavaliere, all’interno del Giardino di Boboli di Palazzo Pitti (2008); lo Spino del filo spinato in bronzo (cm 613 x 690 x 573) in Piazza Isolo a Verona (2009), destinato a ricordare le vittime della deportazione nel corso dell’ultimo conflitto bellico; “… in pietra alpestra e dura” il muro in marmo bianco Carrara (cm 570 x 1800 x 900) collocato a Marina di Massa in Piazza Bud-Kissingen (2009); la Fiamma in bronzo statuario patinato, monumento all’Arma dei Carabinieri di Peschiera del Garda, nell’area Riviera Carducci a Peschiera del Garda (2009); Gerico in acciaio cor-ten e cemento (cm 670 x 2300 x 700) a Le Bourget du Lac (Francia), Savoie Technolac (2010); Arcadia Veneta in bronzo patinato e marmo (altezza cm 215, diametro circa cm 200) realizzata per il Trentennale del Premio Masi e collocata presso la Masi Agricola a Gargagnago di Valpolicella (2011); La siepe in acciaio inox che ridisegna lo spazio davanti al Teatro Ristori a Verona (2012); Canyon in acciaio cor-ten e cemento, posta al Museo Internazionale di Scultura Contemporanea di Santo Tirso in Portogallo (2013).
La sensibilità e il carattere dell’opera di Castagna hanno raggiunto risultati coraggiosi e di grande impatto visivo anche in numerosi spazi sacri: la chiesa all’aperto nel sagrato antistante la parrocchiale di Zermeghedo (1994); le vetrate per la Basilica di S. Maria Assunta in Calvenzano a Vizzolo Predabissi (1997); la vetrata La Visitazione in vetro fusione per la Parrocchia di San Giorgio Martire a Fontanafredda (2009) e la più recente riprogettazione degli arredi sacri (altare, cattedra vescovile, ambone, …) dell’area presbiteriale del Duomo-Cattedrale di Vicenza (2009).
Un nucleo consistente di sculture si trova attualmente alla Fondazione Cini di Venezia, a Deauville nel Musèe de plein air Domaine de l’Amiraute, al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, al Museo Diocesano di Vicenza e alla Fondazione Cariverona di Verona. Al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti a Firenze sono conservate alcune opere di oreficeria, nella sezione dedicata al Gioiello Contemporaneo. Una parte importante della produzione grafica dell’artista è conservata, invece, a Vienna alla Collezione Grafica Albertina e a Firenze presso il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, altre opere sono presso collezionisti privati.

Recenti riconoscimenti

Verona 1997, Premio Internazionale “Guido Zangrando”
Roma 1999, Premio Internazionale di Scultura “Costantino Nivola”
Pescia 2000, Premio Biennale di Scultura “Libero Andreotti”
Vicenza 2006, Primo Premio Concorso di idee per progettazione elementi funzionali al rito per il Duomo
San Giorgio di Valpolicella 2006, Premio Masi per La Civiltà Veneta
Verona 2009, Premio “Mastro d’Arte della Pietra”

Marina di Carrara 2010, Menzione speciale “Marble Architectural Awards 2010”

Galleria

Lazisee è una nuova galleria d'arte contemporanea che ha inaugurato giovedì 11 giugno 2015.
La filosofia della galleria è di promuovere il lavoro di artisti emergenti che esporranno accanto ad artisti professionisti di chiara fama.
La galleria è aperta dal martedì alla domenica compresa.
Piazza Partenio 7
37017 Lazise VR

info@lazisee.com
www.lazisee.com

+39 329 6576479